Quanti sport professionistici non fanno ricorso al doping oggi giorno?
Bella domanda…
Io sono convinto che la risposta è: nessuno.
Perché oggi, più che mai è il Dio denaro che comanda in rapporto all’importanza che hanno le singole specialità.
Come in tutte le cose ci vuole il “mostro” da sbattere in prima pagina, rappresentato da qualche anno dal ciclismo.
Bisognerebbe aver fatto sport per poter riflettere almeno su quali scelte sono costretti a fare i novelli atleti in procinto di fare il salto di qualità.
Pensiamo a noi stessi, quando avevamo quella età o ai nostri figli.
Siamo nel momento di decidere, di scegliere quale strada percorrere nella nostra vita.
E’ il giorno nel quale, quello che fino ad oggi era solo un gioco divertente, diventerà una professione quella che tutti sognano, cioè il lavoro che fa “divertire”.
Alternative diplomarsi, laurearsi e poi…speriamo di trovare un lavoro dignitoso.
Cosa fare?
Lo sponsor e la tua squadra ti fanno un contratto a scadenza, breve confronto alle altre attività normali magari già legato ai tuoi successi.
E via sempre più in alto, con sempre più pressione addosso.
Gli altri atleti attorno raggiungono già certi risultati sportivi e contrattuali, con te che ormai hai scelto e non vuoi più tornare sui tuoi passi, perchè anche i tecnici ti spronano, la famiglia, sì la famiglia ti sprona, hanno detto che si notano in te doti mai viste in nessun altro e puoi diventare un campione.
E’ difficile da spiegare perché è così l’ambiente, lentamente, ma inesorabilmente ci si abitua e ci si adegua purtroppo.
Alternative non ce ne sono oggi, la carriera è breve, e per avere contratti importanti, sponsor importanti, che non ti costringono a “elemosinare” un posto di lavoro, quando sarai vecchio a 35 anni, magari senza nemmeno un diploma perché quei momenti erano impiegati per ore di sacrifici in palestra, sei costretto a ricorrere a quegli espedienti che altri già usano.
Purtroppo coloro che pagano vogliono il loro nome in prima pagina.
E allora è colpa dello sport, degli sportivi o di chi paga?
Quando un atleta è licenziato perché la sua squadra non sapeva che si dopava mi fanno ridere…
Proviamo a fare un esame del sangue all’ultimo classificato di qualunque manifestazione sportiva importante e vediamo se è paragonabile a quello di una persona normale.
Forse il rappresentante di Trinidad Tobago alle olimpiadi invernali non è dopato…forse.
Bella domanda…
Io sono convinto che la risposta è: nessuno.
Perché oggi, più che mai è il Dio denaro che comanda in rapporto all’importanza che hanno le singole specialità.
Come in tutte le cose ci vuole il “mostro” da sbattere in prima pagina, rappresentato da qualche anno dal ciclismo.
Bisognerebbe aver fatto sport per poter riflettere almeno su quali scelte sono costretti a fare i novelli atleti in procinto di fare il salto di qualità.
Pensiamo a noi stessi, quando avevamo quella età o ai nostri figli.
Siamo nel momento di decidere, di scegliere quale strada percorrere nella nostra vita.
E’ il giorno nel quale, quello che fino ad oggi era solo un gioco divertente, diventerà una professione quella che tutti sognano, cioè il lavoro che fa “divertire”.
Alternative diplomarsi, laurearsi e poi…speriamo di trovare un lavoro dignitoso.
Cosa fare?
Lo sponsor e la tua squadra ti fanno un contratto a scadenza, breve confronto alle altre attività normali magari già legato ai tuoi successi.
E via sempre più in alto, con sempre più pressione addosso.
Gli altri atleti attorno raggiungono già certi risultati sportivi e contrattuali, con te che ormai hai scelto e non vuoi più tornare sui tuoi passi, perchè anche i tecnici ti spronano, la famiglia, sì la famiglia ti sprona, hanno detto che si notano in te doti mai viste in nessun altro e puoi diventare un campione.
E’ difficile da spiegare perché è così l’ambiente, lentamente, ma inesorabilmente ci si abitua e ci si adegua purtroppo.
Alternative non ce ne sono oggi, la carriera è breve, e per avere contratti importanti, sponsor importanti, che non ti costringono a “elemosinare” un posto di lavoro, quando sarai vecchio a 35 anni, magari senza nemmeno un diploma perché quei momenti erano impiegati per ore di sacrifici in palestra, sei costretto a ricorrere a quegli espedienti che altri già usano.
Purtroppo coloro che pagano vogliono il loro nome in prima pagina.
E allora è colpa dello sport, degli sportivi o di chi paga?
Quando un atleta è licenziato perché la sua squadra non sapeva che si dopava mi fanno ridere…
Proviamo a fare un esame del sangue all’ultimo classificato di qualunque manifestazione sportiva importante e vediamo se è paragonabile a quello di una persona normale.
Forse il rappresentante di Trinidad Tobago alle olimpiadi invernali non è dopato…forse.